4 maggio 2020 , si apre la “Fase 2” del contagio di massa?

Condivido l’opinione dei virologi dell’ISS e di molti altri istituti che stanno affrontando in prima linea l’emergenza del Coronavirus. L’inizio della così tanto detta e celebrata “Fase 2” loro...

Condivido l’opinione dei virologi dell’ISS e di molti altri istituti che stanno affrontando in prima linea l’emergenza del Coronavirus. L’inizio della così tanto detta e celebrata “Fase 2” loro l’avrebbero rinviata ancora per mesi.

E sarebbe stata buona cosa, visto che nella “Fase 1“, in cui ancora ci troviamo, abbiamo potuto assistere a tante di quelle violazioni delle restrizioni messe in campo dal Governo per gestire la diminuzione del contagio e consentire ai reparti di terapia intensiva di smaltire le congestioni cui erano andati incontro dalla fine dei febbraio fino a pochi giorni fa, da consentire che si sommassero i contagi inevitabili generati dall’inconsapevolezza della circolazione del virus già dai primi di gennaio nel nostro Paese a quelli sviluppatisi per la mancanza di senso civico e di responsabilità individuale verso la comunità in cui viviamo.

Lo confesso, lo ammetto, lo ribadisco: non ho fiducia in una autoregolamentazione solidale di ciascuno che guardi prima di tutto al bene comune piuttosto che all’interesse esclusivamente personale. Penso però che vadano distinti dei piani differenti: un conto sono le pressioni dei padroni e dei commercianti per poter riaprire le loro linee produttive e di vendita e tornare quindi alla normalità e, perché no…, allo sfruttamento non solo della forza-lavoro ma anche della gravità della situazione attuale, speculando sui prezzi delle mascherine, dei prodotti sanitari, di quelli dell’igiene della casa.

Sarebbe interessante vedere il fatturato delle aziende che producono tutte queste merci per comprendere quanto è stato il ricarico applicato ai loro prodotti nella fase della circolazione delle merci. Allo sfruttamento del lavoro dei dipendenti si aggiunge anche una inflazione applicata a merci che vengono accaparrate e che, quindi, conoscono una domanda così alta da creare una “sovra-produzione” che, in realtà, non può essere definita tale se non in funzione del calcolo che precedentemente alla comparsa del virus veniva fatto proprio nei termini del consueto stoccaggio delle merci e della loro immissione nel mercato. Ma comunque di una sovra-produzione falsata si tratta, perché siamo davanti ad un semplicissimo aumento della domanda di una determinata merce.

I settori in cui la domanda crolla vertiginosamente, facendo precipitare il PIL, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, ad un segno negativo del -9,1% rispetto allo scorso anno, sono tutti gli altri comparti: dall’agricoltura al turismo, dalla cultura tutta alla ristorazione, dall’abbigliamento alla tecnologia, dalle esportazioni fino ai carburanti. Dal 1931 della Grande depressione ad oggi, mai il prezzo del barile di petrolio era sceso così vertiginosamente: dai 60 dollari più o meno costanti agli attuali 9 dollari. Un disastro che ha messo in gara Stati Uniti e Russia per decidere chi doveva rinunciare alla produzione continua di estrazione dell’oro nero che ormai le grandi multinazionali non sanno più dove accumulare.

Tutte i finti valori delle merci vengono allo scoperto su coazione del virus, non grazie ad una rivoluzione sociale contro il capitalismo. Così pure la rivolta della natura contro l’antropizzazione globale, il dominio degli esseri umani sulle altre specie viventi e su tutti i beni naturali del pianeta. La ritirata umana ha permesso all’aria di ritornare più pulita, con sempre meno polveri sottili; ha riportato gli animali a percorrere le strade cittadine vuote per arrivare fino al mare, per seguire sentieri che non battevano da secoli a causa della presenza dell’uomo. La natura si è ripresa una parte di sé stessa, ha iniziato a trasformare l’ambiente in un luogo più vivibile per tutti.

Ma presto, quando tornerà la cosiddetta “normalità“, quando tutto “tornerà come prima“, animali e ciuffi d’erba scapperanno nuovamente nei loro boschi, saranno calpestati dalle tante gambe che si muoveranno per strada e così la Pianura Padana si godrà ancora una volta il suo non invidiabile inquinamento atmosferico, tutto nel nome dell’economia che non deve, che non può conoscere tracolli.

In un articolo di oggi su “Il Sole 24 Ore” (ricordiamolo, il quotidiano del “sindacato” dei padroni), capovolgendone non il senso ma gli attori, i richiedenti aiuto in sostanza, si può comprendere come il privato recuperi il “vizio” di attingere dal sostegno pubblico quando si trova in condizioni di diminuzione drastica del proprio status economico: sostanzialmente la crisi sanitaria deve pesare su tutti e sarebbe proprio da ingenui comunisti quali siamo affermare che la devono invece pagare coloro che in tanti decenni hanno accumulato enormi quantità di denaro e li hanno gettati nel grande pentolone magico delle speculazioni finanziarie per accrescerli illecitamente e per colpire al cuore proprio quell’economia sociale e pubblica cui oggi fanno riferimento per il “loro” stato di crisi.

Si riapriranno attività che obbligheranno milioni di lavoratori a circolare per le strade, a spostarsi da comune a comune, da regione a regione: saranno proprio questi lavoratori i più esposti alla nuova fase del contagio di massa da parte del Covid-19. I rischi per tutti, i profitti solo per lor signori, per gli “imprenditori“, per gli azionisti di maggioranza che si spartiscono i dividendi frutto del sudore dei moderni sfruttati.

Solo il “Governo che non c’è” – ossia impossibile nella sua esistenza, perché sociale, socialista, sordo alle “esigenze” dei grandi industriali e dei grandi commercianti – avrebbe potuto e dovuto “patrimonializzare” la crisi sanitaria e farla pagare di più a chi di più ha incamerato in profitti in questi decenni in barba alla sicurezza sul lavoro. Perché i padroni sostengono di poter garantire le norme sanitarie per prevenire i contagi da Coronavirus, quando non garantiscono le più elementari misure di sicurezza ogni giorno nelle loro industrie, dove si contano almeno tre morti ogni dì sul lavoro.

Una bella vecchia ballata del movimento operaio, “Le multinazionali“, faceva così…: «Ma se da qualche parte le sinistre vanno su, i miei profitti van giù, giù, giù. / Dicendo ‘Le ricchezze nostre non ruberai più, i miei profitti van giù, giù, giù. / Andremo tutte unite alla riscossa, per evitare la fossa alla proprietà. Pria di cader sul fango della via, l’aiuto della CIA salvi ci farà».

Ma il governo Conte bis non è il “Governo che non c’è“, è quello che c’è e che ha diretto la fase emergenziale con una risposta da sufficienza scolastica, barcamenandosi tra pasticci istituzionali dovuti a riforme che hanno guardato ai privilegi delle zone ricche del Paese piuttosto che all’interesse collettivo, popolare. Ora sta cedendo davanti alle pressioni dei settori economici e commerciali, delle corporazioni che lamentano già altre penalizzazioni da parte dell’Unione Europea e, soprattutto, sta fronteggiando l’ostinazione di una parte della UE (Olanda e Germania in prima fila) a non concedere nessuna condivisione comunitaria del debito accumulato dai singoli Stati a causa dell’emergenza Covid-19.

«Le decisioni spettano al governo e non possono certo essere demandate agli esperti», ha sentenziato il Presidente del Consiglio. Sarebbe stato invece bene seguire il parere degli esperti senza se e senza ma e mettere da parte le sirene economiche tanto italiche quanto europee. Dunque, via alla “Fase 2“, tenendo per l’esecutivo le responsabilità della gestione degli errori regionali per mostrare capacità di pronto intervento se i contagi dovessero riprendere a salire. Come se stessero scendendo vertiginosamente…

E’ la stessa logica padronale sul territorio italiano, perché è una legge del capitalismo liberista e di quello originario in generale: le ricchezze sono di chi le ha, i disastri economici diventano, paradossalmente, un “bene comune“. Per questo il rischio di impresa non esiste, perché comunque vada a fare le spese dei fallimenti aziendali sono sempre e soltanto i lavoratori. I padroni se la cavano egregiamente anche in disgrazia.

Nel nome dell’economia di mercato e del profitto, non certo nel nome della salute pubblica, la “Fase 2” sarà una alleata della cosiddetta “ricchezza del Paese” debitamente fatta apparire come ricchezza comune, mentre invece si tratta – sottolineiamolo abbondantemente ancora – del profitto dei proprietari privati dei mezzi di produzione.

Il ritorno del virus passerà dal livello di probabilità a quello di concreta possibilità non appena la circolazione delle merci corrisponderà nuovamente alla consueta circolazione (anti)sociale che ne consente sviluppo, produzione e immissione nella sfera della soddisfazione della domanda nazionale, europea e globale.

Una recrudescenza virale, in fondo, gli scienziati l’hanno già prevista per inizio autunno. Assisteremo (e spero sinceramente di essere smentito in questo, non tanto dai comportamenti irresponsabili di una parte della popolazione, quanto dal virus stesso…) ad un incrementarsi dei casi di Coronavirus; conteremo ancora centinaia e centinaia di morti ogni giorno, causa delle infezioni di settimane prima, che si cumuleranno ad un dato sempre crescente e che sarà l’ultimo a raggiungere lo “zero“.

Non importa. Ciò che conta è che i profitti dei padroni non scendano troppo.

MARCO SFERINI

22 aprile 2020

Foto di Elliot Alderson da Pixabay

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