Sorgono polemiche attorno al 25 Aprile e soprattutto rispetto al ruolo dell’ANPI: polemiche che si attestano sull’ormai pretestuosa differenziazione tra “partigiani veri” e “non partigiani” in una richiesta di delegittimazione della storica associazione rappresentativa della Resistenza (la più rappresentativa sicuramente).
E’ il caso di riflettere su questa situazione prima di tutto per sviluppare un tentativo serio di tornare all’essenza di ciò che significa la celebrazione del 25 Aprile.
Lo abbiamo già scritto più volte ma non si può esitare nel ribadirlo: : il 25 Aprile è il giorno più importante nella storia d’Italia.
Non si tratta di una celebrazione “nazionale” tra le altre.
Il 25 Aprile non è una semplice “festa tricolore”.
Il suo significato e la sua importanza sono ben diverse. Non si tratta di celebrare semplicemente una presunta vittoria bellica ottenuta sacrificando milioni di vite umane. Il 25 Aprile non è il 4 Novembre.
Il 25 Aprile non si celebra una monarchia che tra il 24 Maggio 1915 e l’8 Settembre 1943 (attraverso quattro guerre) mandò a morire milioni di giovani innocenti, devastò interi territori, permise l’invasione dell’Italia da parte di truppe straniere affiancate da traditori italiani.
Il 25 Aprile è stato, invece, il giorno del riscatto della dignità nazionale, della cancellazione dell’onta del tradimento, della sollevazione popolare contro l’invasione straniera e la sopraffazione imposta da una dittatura che aveva cacciato l’Italia nel baratro della guerra, della distruzione, del massacro degli innocenti.
Questo è stato, è, sarà, il significato profondo del 25 Aprile: delegittimare l’ANPI (come stanno facendo anche autorevoli opinionisti che scrivono sui maggiori quotidiani) è cercare colpevolmente di sminuire il valore storico di questa data.
Non tanto perché l’ANPI costituisca il deposito della verità assoluta ma a ragione dell’esistenza nella stessa ragione sociale dell’associazione del crogiolo di idee, propositi, sentimenti che generarono la Resistenza.
Noi esaltiamo La Liberazione, difendendola da ogni idea di distorsione dei valori che essa rappresenta; da ogni tipo di “revisionismo storico”, da tutte le aggressioni che vengono portate alla Costituzione, cercando di manometterne i pilastri fondanti.
Questo è il punto decisivo: quello riguardante i pilastri fondanti della Costituzione.
Gli opinion – maker che stanno portando avanti quest’opera di delegittimazione del 25 Aprile (nascondendosi dietro tante belle frasi fatte e a situazioni storiche interpretate in maniera del tutto arbitraria) rappresentano il lascito del frutto avvelenato del tentativo che è stato compiuto recentemente dal partito di governo di manomettere il senso profondo della Costituzione Repubblicana: quel tentativo che è stato respinto con il voto popolare del 4 Dicembre 2016.
Un tentativo che però, in ispregio al pronunciamento democratico di quel giorno, prosegue nel segno di quella “democrazia governante a vocazione maggioritaria” che non può che tradursi in una visione assolutistica – personalistica che ancora viene portata avanti con reiterata violenza verbale, come vediamo in esempi quanto mai significativi sul piano internazionale.
Un tentativo quello portato avanti dal gruppo di potere sconfitto il 4 Dicembre che deve essere sottoposto al massimo di vigilanza democratica da parte di chi sostiene la Costituzione come proprio riferimento essenziale: sono ancora in gioco elementi decisivi per l’intero sistema politico come quello riguardante la legge elettorale. Legge elettorale che, va ricordato, è già stata giudicata negativamente per due volte, tra il 2015 e il 2017, dalla Corte Costituzionale. Un giudizio da primato mondiale di incapacità giuridica e politica di questa pseudo classe dirigente.
In realtà questo 25 Aprile dovrebbe essere dedicato alla richiesta, da elevare a gran voce, di rispondere seriamente alle istanze di democrazia avanzata sollevate dall’esito del voto del 4 Dicembre 2016: un voto espresso da 20 milioni di elettrici ed elettori.
Istanze di democrazia avanzata che trovano nel testo della Costituzione Repubblicana il proprio punto di riferimento essenziale in una idea di pluralismo, di primato della rappresentanza politica, di centralità del Parlamento e dei consessi elettivi.
Rimane ancora evidente il valore insostituibile di questo riferimento alla Costituzione Repubblicana sul piano sociale della richiesta di eguaglianza, di solidarietà, di capacità di affrontare l’insieme delle complesse contraddizioni della società moderna, senza abbandonarci a questa “cultura della vanità” che appare il segno pericoloso di una concezione del dominio sulla quale sembra basarsi una visione falsamente egemonica dell’agire politico.
FRANCO ASTENGO
23 aprile 2017
foto tratta da Wikipedia