Norberto Bobbio, molti anni fa, affermava che la celebrazione della Resistenza rappresentava una sorta di esame di coscienza laico sul presente e il momento della consapevolezza della grande distanza tra gli ideali partigiani e l’Italia contemporanea.
Questa affermazione può rappresentare la linea –guida da mantenere per ricordare quei fatti della tragedia che il popolo italiano ha vissuto più di settant’anni fa. A patto però che per guardare all’attualità e per traguardare il futuro non si dimentichi la memoria. Abbiamo vissuto mesi nel corso dei quali ripetutamente la memoria della Resistenza è stata offesa da rigurgiti neo – fascisti comparsi da un passato cui non possiamo permettere di ritornare.
E’ il momento di rispondere con grande solennità assumendoci tutti assieme un impegno inderogabile.
C’è di più in questa post-modernità: il fascismo vive tra noi, nei comportamenti quotidiani dell’egoismo, dell’individualismo, della ricerca della sopraffazione degli altri, nell’inganno quotidiano della politica ridotta a pura lotta per il potere, alla guerra che dilania interi popoli e rischia, ancora una volta, di incendiare il mondo.
Ricordare oggi il 25 Aprile, il giorno più importante della storia repubblicana, significa prima di tutto compiere un dovere civico e morale di altissimo valore, significa stare dalla parte di chi considera la storia patrimonio insuperabile delle radici di un popolo, significa combattere per la verità e per la difesa dei principi di fondo della nostra convivenza civile e politica.
Viviamo un clima culturale, assistiamo all’emergere di silenzi, zone d’ombra, vuoti, a pentitismi rivolti magari in altre direzioni, ma che sostanzialmente coinvolgono la memoria di quello che è stato l’avvenimento fondamentale nella storia d’Italia.
L’ANPI si è, nel recente passato, coerentemente schierata contro l’idea di deformare la Costituzione, alterare l’equilibrio tra i diritti e i doveri dei cittadini, restringere l’esercizio delle libertà democratiche.
Quell’impegno va rivendicato e deve rappresentare l’agenda quotidiana per tutti quelli che intendono impegnarsi per difendere e affermare la nostra convivenza civile.
Allora bisogna ricordare, è necessario avere il coraggio di ricordare senza cedere alle mode corrente del revisionismo: alla liberazione dell’Italia dalla dittatura si poté arrivare grazie al sacrificio di tanti giovani, ragazzi e ragazze che, pur appartenendo a un ampio schieramento politico (c’erano i cattolici, i socialisti, gli azionisti, i militari monarchici, i comunisti. Ma si chiamavano con un solo nome: I Partigiani).
Questi ragazzi combatterono fianco a fianco, con unità d’intenti e d’azione, con un grande traguardo comune: il riscatto dell’Italia invasa e un diverso avvenire, fatto di giustizia e di eguaglianza
La storia dell’Italia Repubblicana sta scritta per intero su quel monumento che Piero Calamandrei definì “Ora e Sempre Resistenza”.
Sandro Pertini parlò della Resistenza come di un “Secondo Risorgimento, i cui protagonisti, questa volta, furono le masse popolari”.
Per favore nel ricordare questi passaggi determinanti per la nostra democrazia non si ceda all’idea che si tratti semplicemente di retorica.
Si tratta, invece, di ricordare e ricostruire i momenti determinanti della vita della nostra Nazione e dell’Europa nel momento della sconfitta del nazismo, nazismo che è stata l’espressione più evidente della ferocia della “banalità del male”. Nazismo del quale il fascismo fu corresponsabile, pienamente corresponsabile e non semplicemente complice.
Non c’è nessuna ritualità, nessun adempimento di un ormai stanco cerimoniale nel ricordare la storia della Resistenza ed esiste uno stretto legame fra il 25 aprile e la battaglia che oggi deve essere condotta contro le diseguaglianze, le sopraffazioni, i fenomeni di sfruttamento, la disgregazione sociale che caratterizzano drammaticamente l’attualità.
Così come esiste una stretta connessione tra il 25 aprile e la ricerca della pace: un tema oggi assolutamente centrale in una situazione che vede, in diverse parti del mondo, pericoli concreti di ripresa bellica.
Parlando della Resistenza oggi non intendiamo certo approfondire la ricostruzione storiografica di quei fatti, ma semplicemente sfatare quella teoria revisionista che, negli ultimi anni, va molto di moda nell’indicare la Resistenza come semplice “Guerra Civile”.
Quelle ragazze e quei ragazzi di sessantacinque anni fa che si erano dati l’appellativo di Partigiani si accinsero, da subito, dal 26 Aprile a ricostruire il proprio Paese.
Genova, soltanto per fare un esempio, fu liberata dal popolo: l’orgoglioso Juncker Prussiano; Meinhold depose la propria spada davanti all’operaio Remo Scappini e subito la Città riprese a funzionare in tutte le sue attività.
Quando gli alleati, tra il 27 e il 28 Aprile, risalendo la riviera di Levante arrivarono a Nervi scoprirono, con loro grande stupore, che funzionava già perfino il servizio tranviario.
Eppure pensate ai bombardamenti, alle deportazioni, alle stragi che avevano colpito la nostra terra in quegli anni: ma la volontà di riprendere a vivere era stata troppo forte.
Con la Liberazione dell’intero territorio nazionale dall’invasore nazista e dai mercenari della RSI quelle ragazze e quei ragazzi si accinsero a concorrere alla costruzione della nuova Italia, carichi di tanto impegno, dedizione, speranza.
Guardiamo agli anni che ci separano da quei giorni di lotta e di speranza. Ci sono state contraddizioni, difficoltà, pagine brutte e belle ma per alcuni decenni possiamo dire che si è trattato di anni d’impegno per la coesistenza pacifica, per il dialogo internazionale, per la ricerca dell’unità europea oltre che di attività solidale verso i movimenti di liberazione nazionale in Africa, Asia, America, Europa.
Sono stati difesi e diffusi gli ideali antifascisti e democratici. Sono stati anni di forte impegno contro ogni tentativo di sopraffazione mascherata da tentativi golpisti, da azioni terroriste e stragiste, da iniziative finalizzate a colpire e restringere ruolo e funzioni delle istituzioni nate dalla Resistenza e dalla Carta Costituzionale.
Sono stati anni impegnati nella difesa delle culture nazionali nel segno della solidarietà internazionale, contro ogni forma di discriminazione e per l’affermazione dei diritti dell’uomo e di uno sviluppo economico , sociale e culturale , nel rispetto della Giustizia. Quelle ragazze e quei ragazzi non seppero soltanto respingere l’invasore e cacciare il tiranno. Una sapienza politica illuminò la Resistenza: quella stessa sapienza politica che fu posta in opera nello scrivere la Costituzione Repubblicana.
L’insegnamento di fondo, che ci deriva dal ricordare quel momento storico deve guidarci anche oggi per mettere in primo piano, fra tutti, la difesa di quei valori, di quelle idee, di quelle prospettive che furono disegnate per il futuro.
Oggi quell’epoca appare terminata e sembra prevalere l’antipolitica del disegno oscuro della sopraffazione democratica, dell’esaltazione delle diseguaglianze sociali, del ritorno allo sfruttamento indiscriminato delle risorse e del lavoro umano.
C’è chi pensa di ricacciarci definitivamente all’indietro e usa tutte le armi, comprese quelle subdole della denigrazione strisciante, del distacco dalla storia, dell’umiliazione della cultura.
Noi dobbiamo dire: basta! Basta a una campagna revisionista della storia, con la quale si vuole ridurre la Resistenza a un fatto marginale della guerra di Liberazione del Paese dall’occupazione tedesca e contro le formazioni di Mussolini, schierate in appoggio agli occupanti stranieri.
Siamo alla presenza di un massiccio tentativo demistificante parificazione dei valori, tra chi ha combattuto per la libertà e l’indipendenza nazionale e coloro che si sono posti al servizio dei nazisti, per negare quella libertà.
E’ preoccupante accusare le celebrazioni del 25 aprile di ritualità, di distanza dalla concreta realtà della vita quotidiana.
Si prepara un nuovo tipo di revisionismo, in linea con la scissione tra cultura e politica che appare oggi prevalente nel segno dell’individualismo, dell’egoismo, della riaffermazione di segnali corporativi.
Un nuovo tipo di revisionismo che porta a rappresentare il passato in forma agnostica, quasi come se nel passato tutte le vacche, hegelianamente, fossero nere. Quando si affrontino tutti i temi politici e sociali del nostro momento storico appare sempre più necessario riferirci ai valori storici che nella Resistenza si espressero.
Non si può sottovalutare il sacrificio di 200.000 donne e uomini combattenti del Corpo Volontari della Libertà e nel nuovo Esercito Italiano schierato con gli alleati.
Non si possono obliare nella memoria collettiva le stragi dei civili, compiute con ferocia dai nazisti e dai fascisti (quanti esempi abbiamo, qui intorno a noi: la Benedicta, il Turchino,Travaso, Mannesi, tanti altri ( ma potremmo passare ore per elencarne soltanto una parte), con il solo intento di sottolineare fatti di sangue successivi al 25 Aprile e creare così un clima di responsabilità comune, nel quale le differenze si sciolgono e si stemperano e diventa, perciò, impossibile distinguere la figura della vittima da quella del carnefice.
Non si può cancellare la memoria del sacrificio dei nostri compagni assassinati perché lottavano per la libertà di tutti.
Occorre ogni giorno rinnovare il ricordo dei giovani massacrati e di quelli deportati nei campi di sterminio e nei lager tedeschi, come accadde a centinaia di migliaia di soldati italiani, sparsi per il mondo e traditi dalla Monarchia e dai Generali: soldati italiani capaci di farsi uccidere, come accadde alla Divisione Acqui a Cefalonia, per riscattare la propria moralità civile, messa in pericolo del folle comportamento degli Alti Comandi, all’8 Settembre.
Deve rimanere forte il ricordo delle donne della Resistenza che, offese, torturate e violentate seppero tacere dinanzi al carnefice.
Risalta ancora vivida davanti a noi l’immagine degli operai che bloccarono la macchina bellica nazista, facendo alle volte olocausto della propria vita: pensiamo allo sciopero del 1 Marzo 1944, ai lavoratori dell’Ansaldo e dell’Ilva che lo organizzarono, finiti in massa a Mauthausen, a Gusen a Ebersee.
Questa fu e rimane la Resistenza italiana con i suoi valori, che nessuna alchimia politica di parte potrà mai cancellare.
Al proposito vorremmo ricordare, ancora, un’affermazione di Piero Calamandrei, fatta all’indomani della Liberazione.
In quell’occasione egli disse “Abbiamo ritrovato la Patria”. Era vero, con la Liberazione e ancor prima nella Resistenza si ritrovò la Patria, quella vera fatta di valori e di popolo, non di vuote formule retoriche, di inutili galloni, di facce impresentabili con dietro il vuoto di memoria, di cultura, di dignità.
L’Italia si ritrovò, dopo il disastro nazifascista, con gli impiccati di Bassano del Grappa, con le vittime innocenti di Boves, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, con la capacità delle umili genti dell’Ossola, di Montefiorino, della Valtrebbia di sapersi governare da sole, dentro quel frangente epocale.
L’Italia fu ritrovata da Salvo D’Acquisto, dai Martiri delle Fosse Ardeatine, dai Sette Fratelli Cervi. Ricordiamo oggi uno degli episodi più significativi di quegli anni di ferro e di fuoco. Rispondiamo così agli ispiratori di questa linea di cancellazione della memoria storica, di dilapidazione del patrimonio prezioso della Resistenza.
Concludiamo, tornando sul tema della memoria e dell’insegnamento ai giovani. La forza dei nostri valori, la purezza e il prestigio delle donne e degli uomini che ancora oggi incarnano la verità di quei giorni drammatici e gloriosi, hanno saputo cementare nel tempo, attorno a noi, tra noi, il vero spirito dell’unità nazionale: quello dell’unità antifascista.
Coloro che condividono questi valori debbono rappresentare la coscienza critica di questa nazione: sapendo che nei decenni trascorsi è stato lasciato un segno indelebile nella coscienza popolare, nei giovani , nelle istituzioni.
E’ proprio pensando al seme dalla Libertà, della Giustizia, della Fratellanza, gettati in quei terribili inverni tra il 1943 e il 1945 che possiamo pensare di riprendere il cammino, sconfiggere chi sta spargendo il veleno del ritorno all’autoritarismo, dell’intolleranza, del razzismo.
Rifiutiamo il ritorno all’indietro, rifiutiamo la tentazione di un passato che non deve mai più affacciarsi sulla scena della storia! L’antifascismo rimanga il fondamento storico, culturale, politico, dell’Italia repubblicana come si legge nel testo della Costituzione Repubblicana.
FRANCO ASTENGO
24 aprile 2018
foto tratta da Wikipedia