120 operai di Italpizza a processo

Lotte e repressione. Anni di scioperi, picchetti, a volte confronti con la polizia che non ha risparmiato molto a chi manifestava. Ora per gli operai di Modena che hanno partecipato alle lotte guidate dal sindacato Si Cobas arriva il conto, salatissimo

Turni spesso massacranti, dumping contrattuale, la competizione tra aziende scaricata sulle spalle di chi lavora. E in risposta una lotta sindacale durissima per cambiare la situazione. Anni di scioperi, picchetti, a volte confronti con la polizia che non ha risparmiato molto a chi manifestava. Ora per gli operai di Modena che hanno partecipato alle lotte guidate dal sindacato Si Cobas arriva il conto, salatissimo. “Sono 458 i procedimenti penali imbastiti a Modena dal 2017 ad oggi contro i Si Cobas. Oltre a 12 fogli di via e al blocco delle pratiche di cittadinanza per decine di operai che hanno protestato”, spiegano dal sindacato.

Alcar Uno, Bellentani, Opas Italcarni, Gigi Salumificio. Nomi che segnano la geografia industriale del modenese e del suo distretto della lavorazioni delle carni. Nomi di altrettante vertenze sindacali. Il lato oscuro di quella che a volte viene raccontata solo come l’Emilia felix che sta bene e produce ricchezza. Ad accendere un faro su condizioni di lavoro spesso non accettabili sono state le operaie e gli operai dell’Italpizza, gigante della produzione industriale di pizze.

Mille lavoratori in un sito di 20 mila metri quadri, ma meno di 150 dipendenti diretti di un’azienda che ha sempre proclamato il ferreo rispetto di leggi e norme, e si è addirittura fatta certificare gli appalti dai giuslavoristi della Fondazione Biagi. Eppure nel 2018 è esplosa una vertenza durissima, finita con un accordo che ha segnato una vittoria di chi si è battuto. Internalizzazione dal 2022 di 600 lavoratori, aumenti, applicazione del contratto alimentaristi per chi sta in catena di montaggio a sfornare pizze. A firmare la scorsa estate non i Si Cobas, da sempre esclusi dalle trattative nonostante il loro protagonismo, ma la Cgil e a traino la Cisl e la Uil.

Ora però 120 operai tra quelli che appoggiarono la vertenza Si Cobas a Italpizza finiranno in tribunale. A leggere gli avvisi di conclusioni delle indagini preliminari, preludio al processo, alla sbarra ci finiranno uomini e donne di una babele di nazionalità. Marocco, Tunisia, Albania, Egitto, Romania, Ucraina, Nigeria, Sri Lanka, Filippine, Moldavia. Migranti di prima o seconda generazione, lavoratori più fragili di altri, a volte costretti ad accettare condizioni che in tanti respingerebbero. Lavoratori però che hanno alzato la testa. Le accuse contro di loro? Violenza privata per avere impedito l’entrata e l’uscita dei camion dall’azienda, manifestazioni organizzate senza preavviso, tafferugli con le forze dell’ordine che, davanti all’Italpizza, sono state protagoniste di cariche e lanci di lacrimogeni per scardinare i picchetti e garantire la libera circolazione delle merci.

“La realtà viene ribaltata – attaccano i Si Cobas, che per il 3 ottobre preparano una nuova manifestazione di fronte a Italpizza – Così i criminali non sono i padroni che rifiutano di applicare contratti e negano diritti, che puniscono le operaie mandandole a spalare neve sui tetti ghiacciati. Per la Procura i criminali sono le stesse operaie che reclamano i propri diritti”. A prendere parola anche la Cgil: “Manifestare per i diritti non è un reato e non deve mettere a rischio la libertà dei lavoratori”.

Il maxi processo Italpizza, “un accanimento giudiziario contro i lavoratori” lo ha definito il segretario di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo, potrebbe non essere semplicemente la coda amara di una lotta comunque vincente. L’azienda sta spingendo sull’automazione, e “entro pochi mesi temiamo possano esserci esuberi. Speriamo di no, ma se succedesse – promette Simone Carpeggiani dei Si Cobas – saremo ancora davanti ai cancelli, come abbiamo sempre fatto”.

GIOVANNI STINCO

da il manifesto.it

foto: screenshot da Facebook

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