La fiducia nel potenziale di intelligenza dell’umanità la danno uomini e donne che, senza troppo sforzarsi, hanno tradotto in arte le loro capacità, quasi senza saperlo. Ognuno di noi è quel che è non quando proclama di esserlo ma quando con tutta spontaneità si ritrova a dire, fare e scrivere di e su qualcosa senza pensarci. Nel momento in cui il pensare viene sostituito dal vuoto, così tanto pregnante e pieno di significati (e significanti), dell’istinto, ecco che lì si esprime la genialità umana.
Non ha bisogno del calcolo del pensiero per poter essere tradotta in azione, in manifestazione evidente che possa diventare un vero e proprio “spettacolo” agli occhi – quindi per la mente e per tutti gli altri sensi – di ognuno di noi. In questi giorni ricorrono i 120 anni dalla nascita di Eduardo De Filippo. Dovrebbero bastare solo nome e cognome per dire praticamente tutto di un uomo che ha colto le peculiarità delle contraddizioni umane tanto per metterle alla berlina quanto per averne anche un pietoso e veramente dolce amore.
In ogni commedia teatrale, in ogni suo lavoro, Eduardo ha come accarezzato le imperfezioni naturali di tante diversità che hanno costituito le figure del suo palcoscenico: non si trattava solamente di imitare un comportamento, ma di renderlo caratteristica non più inguardabile o trascurabile nel “dopo-scena“. La Napoli religiosa, quella del presepe di “Natale in Casa Cupiello“, oppure quella istrionicamente credulona e superstiziosa di “Non ti pago“, sono soltanto due degli affreschi che ci ha regalato Eduardo, mostrando a tutti noi come la bellezza stia soprattutto nelle complicazioni singole e sociali che si vengono a creare in momenti tanto di spensieratezza quanto di dolore.
Nel suo ultimo discorso, che tenne a Taormina il 15 settembre 1984, parlò della sua vita teatrale associandola al sacrificio e al “gelo“. Ma, aggiunse, “…il cuore ha tremato sempre tutte le sere! E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato“.
C’è sempre un po’ di famiglia, di collettività, ma pure tanta solitudine singolare nei lavori di Eduardo: in “Filumena Marturano” il ruolo della donna va al centro della scena ma non per essere processato, inquisito e messo sotto la lente accusatoria dello spettatore. Tutt’altro. L’impenitente donnaiolo Mimì è messo davanti a delle responsabilità che solo il carattere determinato di una madre può sostenere. Il confronto semmai è alla pari: Eduardo non risparmia nulla al confitto di genere e, considerando il momento storico in cui le sue commedie nascono e diventano successi planetari, se non si deve offenderne la memoria e l’opera definendolo un artista d'”avanguardia“, è altrettanto vero che non volge mai lo sguardo all’indietro e che, quindi, si posiziona sempre in un presente che avanza, che progredisce e che mostra una società in continuo cambiamento.
La dialettica teatrale di Eduardo si rispecchia anche nel suo impegno politico, nella sinistra indipendente, nella sua attività di Senatore a vita, carica assegnatagli da Sandro Pertini e, a ben vedere oggi, sembra sempre più facile e molto semplice essere ingrati col presente in cui viviamo per non essere una replica di un dopoguerra in cui emersero così tanti interpreti di una cultura vasta e semplice, comprensibile davvero per tutte e tutti.
La morale, si dice, ha sempre una sua “statura“, altrimenti si parlerebbe di “bassezza” morale, quindi di una morale che contraddice il suo significato positivamente etico. Ma è molto difficile poter attribuire una statura morale ad artisti come Eduardo che, in fondo, rifiutavano le categorizzazioni specifiche, gli incasellamenti in diciture, aggettivazioni che finivano sempre con l’essere parzialità rispetto alla complessità di una formazione civile, culturale e sociale così articolata da non poter essere sintetizzata con una, due o tre parole come complementi di specificazione.
La sterilità del pensiero ritorna e fa capolino ogni volta che non riusciamo a collegarci con quell’istinto che in Eduardo è il vate ispiratore di tutti i suoi lavori. Non c’è ragionamento, ma solo passione. Non c’è calcolo, ma solo slancio. Uno slancio tutto vitale che premia tutte le particolarità dell’essere umano: ne biasima i difetti con uno stile tutto partenopeo, dileggiandoli pulcinellescamente; rifugge qualunque moralismo, qualunque tentativo di puntare l’indice contro questo o quello. Ma non manca di stigmatizzare le amenità cui corre dietro una umanità che si vincola a tante, troppe paure legate a pregiudizi, falsi costrutti mentali, prevenzioni frutto di arcani misteri che risiedono all’ancestralismo dei tempi.
Se avessimo un po’ di tempo a nostra disposizione e non sempre a disposizione dei padroni o di tutto ciò che ci aliena dalla nostra vera vita; se potessimo dedicarci alla lettura dei testi, delle sceneggiature e dei copioni delle commedie di Eduardo, per poi vederle e rivederle, sarebbe forse più semplice affrontare la vita di tutti i giorni. Depensando, agendo con coscienza, senza ipotizzare le convenienze che possiamo avere a seconda dell’azione che stiamo per compiere.
L’alienazione invisibile che ci pervade, che entra nelle nostre vite e le possiede in tutti i loro orifizi, è protetta dal pensiero pensante e ripensante: è corto circuito mentale, è ansia, è fobia, è un permanente stato di insofferenza che crudelmente costruisce in noi una alterità che non ci appartiene ma che diviene la prigione del “pensiero unico“, che è anche moralismo, declinazione laica di una ispirazione teocratica del potere frutto del dominio capitalistico sul globo terracqueo.
Ma l’alienazione diviene visibile grazie alla rabbia, all’istinto che nasce, cresce e si trasforma in coscienza critica nel momento in cui emerge la passione, la volontà di riscatto per una misera vita che non si risolve giocando i numeri al lotto o costruendo presepi per rimanere un po’ sempre nel meraviglioso stato della fanciullezza.
Eppure, nonostante tutto, è straordinariamente bella la dimensione puerile dell’essere umano, perché i bambini non pensano, ma parlano, si esprimono a gesti e agiscono d’istinto: così le loro domande sono dirette, spiazzanti. Tanto quanto lo è la decisione di Filumena Marturano dettata dall’amore. Un amore giudicato impuro dalla società, tollerato dal piacere come vizio privato, biasimato in pubblico come comportamento immorale.
Eduardo è insieme poeta e scrittore, attore e spettatore delle sue commedie, perché se ne recita sempre una anche se non pare. Come disse Augusto sul letto di morte quando chiese di applaudire a chi gli stava intorno per una vita che finiva, per uno spettacolo che terminava.
MARCO SFERINI
24 maggio 2020
foto tratte da Wikipedia / Wikimedia Commons