Se penso a Gianni Rodari le prime immagini che mi vengono in mente sono disegni di bambini. Disegni sulle “Filastrocche in cielo e in terra“, trenini azzurri, visetti sorridenti dal bianco e nero delle foto ai pastelli che coloravano fogli e fogli di fantasia libera.
Ricordando il grande scrittore nel suo centenario dalla nascita, non si può non associarlo immediatamente al mondo dell’infanzia e al ruolo pedagogico delle sue poesie, delle sue rime che hanno sempre strappato un sorriso anche agli adulti. L’apprendimento dovrebbe fondarsi quasi esclusivamente su un approccio così disinvolto e non sulla rigida burocrazia di un rapporto insegnante – studente in senso verticale e dirigista.
Rodari ha giocato con le parole e ha fatto delle parole un gioco stesso, perché è meraviglioso potersi esprimere, non doversi esprimere. E’ bellissimo riuscire a farsi capire attraverso sia poche sia tante parole, ma sempre con la leggerezza della spontaneità che deve venire naturale mentre si scrive.
Chi ricerca le parole da mettere nero su bianco finisce per usare magari un italiano corretto ma privo di quel trasporto emotivo che la lingua può e deve dare nel suo trasformarsi da pensiero in scritto e da riflessione in dialogo, in comunicazione.
Gianni Rodari ci ha regalato tanti momenti spensierati e lo ha fatto inserendo sempre l’insegnamento dell’esperienza di vita in disegni fanciulleschi adatti per tutte le stagioni della vita. Le sue filastrocche non passeranno mai di moda, non saranno mai fuori del tempo, perché sono un “classico” e i classici vivono oltre il tempo segnato dai calendari e dagli orologi, ma sono parte del presente continuo e irriconoscibile come passato o immediato futuro.
Non è facile vivere. Non è facile aiutare a vivere i cuccioli d’essere umano: a mostrare loro che al posto della guerra è più bello giocare alla pace; che Cipollino può farcela anche tra mille difficoltà, perché difficoltà può essere affrontata con l’animo soffice per l’appunto di un bambino. Così Rodari l’ha voluto spiegare ai piccoli:
«È difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi.»
Liberare gli schiavi che si credono liberi. In una frase l’essere, come lui, comunisti col sorriso e l’ottimismo sempre a portata di mano.
(m.s.)